Ossigenoterapia – Ossigenoterapia: cos’è e come funziona?

L’ossigenoterapia consiste nella somministrazione di una quantità supplementare di ossigeno, a scopo terapeutico.
I medici ricorrono all’ossigenoterapia quando sono alle prese con pazienti che presentano ridotti livelli di ossigeno nel sangue.
Le situazioni che richiedono il ricorso all’ossigenoterapia sono svariate: tra le condizione croniche, si segnalano la BPCO, la bronchite cronica, l’asma, la fibrosi cistica e l’enfisema polmonare; tra le condizioni acute, invece, meritano sicuramente una citazione le crisi anafilattiche gravi, le emorragie severe, gli episodi di shock, lo stato di ipossiemia e l’ipotermia.

Come avviene l’ossigenoterapia

L’ossigenoterapia è la somministrazione di una miscela gassosa ad alto contenuto di ossigeno, effettuata a scopo terapeutico, per mezzo di un apposito strumento a erogazione.
In altre parole, quindi, l’ossigenoterapia è un trattamento medico, allo stesso modo per esempio di una terapia farmacologica, mentre l’ossigeno è un medicinale, esattamente come per esempio l’aspirina.

Strumenti e somministrazione dell’ossigeno

Attualmente, le più comuni fonti erogatrici di ossigeno per l’ossigenoterapia sono 3:

  • I serbatoi di ossigeno in forma gassosa. Sono bombole di ossigeno compresso. Sono in metallo e possono avere svariate dimensioni. Chiaramente, le bombole più grandi contengono più ossigeno delle bombole più piccole, pertanto hanno una durata maggiore nel tempo. Le bombole di ossigeno più piccole hanno dimensioni e un peso tali che i pazienti, se sussistono le condizioni per un’ossigenoterapia di carattere domiciliare, sono in grado di trasportarle con loro, all’interno di uno zaino o mediante un carrellino.
  • I contenitori di ossigeno in forma liquida. L’ossigeno presente all’interno di questi contenitori è un liquido refrigerato, che diventa gas nel momento in cui se ne induce la fuoriuscita, attraverso un apposito meccanismo di ebollizione.
    I contenitori di ossigeno liquido refrigerato sono generalmente di grandi dimensioni e trovano impiego, soprattutto, negli ospedali.
    Esiste la possibilità di travasare l’ossigeno liquido refrigerato dai grandi contenitori sopraccitati a contenitori più piccoli; quest’ultimi sono ideali in caso di ossigenoterapia a carattere domiciliare.
    L’ossigeno liquido refrigerato costa di più dell’ossigeno gassoso compresso all’interno di bombole; inoltre, evapora più facilmente, quindi è difficile conservarlo a lungo.
  • I cosiddetti concentratori di ossigeno. Sono particolari strumenti elettrici, che, una volta azionati, prelevano l’aria presente nell’ambiente e, dei vari gas che tale aria contiene, conservano soltanto l’ossigeno. Da ciò, ne deriva ossigeno concentrato.
    I concentratori di ossigeno sono strumenti di piccole dimensioni, comodi in caso di necessità improvvise e facili da usare.
    Funzionano per mezzo della corrente elettrica, pertanto in caso di black-out o di un qualche guasto alla linea elettrica sono inutilizzabili. Tale dipendenza dalla corrente elettrica spiega per quale motivo i medici e gli esperti nel campo dell’ossigenoterapia consigliano, a chi fa uso dei concentratori di ossigeno, di procurarsi delle fonti di ossigeno alternative, da impiegare solo in caso di inconvenienti elettrici.

Modalità di somministrazione dell’ossigeno

Le possibili modalità di somministrazione dell’ossigeno variano dalle maschere facciali e dai sondini nasali, ai tubicini tracheotomici, alla camera iperbarica, alle tende a ossigeno ecc.
La scelta di una particolare modalità, piuttosto che di altre, spetta al medico curante e dipende dalle condizioni del malato.
Entrando maggiormente nei dettagli, chi necessita dell’ossigenoterapia può ricevere l’ossigeno mediante:

  • Maschera facciale. Realizzata per coprire naso e bocca, si fissa dietro alle orecchie attraverso un elastico e riceve l’ossigeno da un tubicino agganciato in un’apposita area, presente nella sua parte anteriore (ovviamente, il tubicino proviene da una fonte erogatrice di ossigeno).
  • Sondino nasale. Ideale per l’ossigenoterapia domiciliare, consta sostanzialmente di due tubicini da inserire nel naso e il cui fissaggio avviene grazie al loro passaggio dietro le orecchie e sotto il mento.
    Sotto il metto, il sondino nasale è unito a una cannula, che, a sua volta, è collegata alla fonte erogatrice di ossigeno.
  • Tubicino inserito in trachea direttamente dall’esterno. Com’è facilmente intuibile, il ricorso a tale modalità di somministrazione dell’ossigeno richiede l’incisione chirurgica del collo e della trachea, così da potervi inserire il tubicino. Tale intervento d’incisione prende il nome di tracheotomia e l’ossigenoterapia eseguita tramite un tubicino nella trachea è detta ossigenoterapia transtracheale.
    Resa necessaria, di norma, dalla presenza di un’ostruzione al passaggio dell’aria a livello nasale od orale, l’ossigenoterapia transtracheale richiede l’utilizzo di un dispositivo che, collegato alla fonte erogatrice di ossigeno, umidifichi quest’ultimo al momento dell’infusione.
    Quando si usa un sondino o una maschera, non serve alcun dispositivo del genere, in quanto a umidificare l’ossigeno in entrata sono il naso e la bocca.
  • Incubatrice/tenda a ossigeno. Sono due dispositivi medici distinti, che però, in certe circostanze, possono praticarsi assieme. Sono adatti soprattutto all’ossigenazione dei neonati.
    Paragonabili a delle cappe chiuse, sia l’incubatrice che la tenda a ossigeno garantiscono un ambiente interno ricco di ossigeno.
    La tenda a ossigeno è più efficace, più precisa e meno rischiosa dell’incubatrice.
  • Camera iperbarica. La camera iperbarica (o camera per terapia iperbarica) è una stanza all’interno della quale è possibile respirare ossigeno puro al 100%, a una pressione superiore a quella normale.
    La somministrazione di ossigeno mediante camera iperbarica è una pratica indicata, soprattutto, in caso di embolia gassosa (dovuta per esempio alla cosiddetta sindrome da decompressione).
  • Ventilatore meccanico a pressione positiva continua. In tali frangenti, l’ossigenoterapia si associa a una particolare tipologia di ventilazione meccanica, nota come CPAP o ventilazione meccanica a pressione positiva continua.
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